Blog Post

Il Glutine

  • Autore: Dott.ssa Bonaddio
  • 29 lug, 2019

Il glutine è una miscela proteica (gliadina e glutenina) contenuta nel frumento e in altri cereali, quali segale, farro, orzo, avena, e in alcuni alimenti come farina, amido di frumento, pangrattato, pasta e tutti i prodotti da forno. Il glutine è così tanto diffuso perchè le sue caratteristiche lo rendono utilissimo nelle lavorazioni industriali, per rendere gli impasti elastici e viscosi, da qui la definizione di glutine quale “proteina collante”.

Ad oggi sono tante le persone che avvertono fastidi nell'assunzione di alimenti contenenti il glutine. Clinicamente si distinguono tre quadri clinici diversi: la celiachia, la sensibilità al glutine e la allergia. I sintomi principali sono dolori addominali, diarrea ma anche cefalee e dolori muscolari. Tutti e tre hanno una caratteristica comune: rinunciando al glutine i sintomi migliorano. Fatta eccezione per le persone celiache o con intolleranza al glutine, questo non deve essere assolutamente eliminato dalla dieta! Infatti da recenti studi si è visto che la sua esclusione dalla dieta aumenterebbe il rischio cardiovascolare, così come le tanto decantate proprietà dimagranti sono vere e proprie leggende!

Approfondiamo: la celiachia è una malattia autoimmune di cui soffre fino all’1% della popolazione e che viene provocata dal glutine, la proteina collante. Già piccolissime quantità di glutine possono provocare disturbi. Se non si modificano le abitudini alimentari, i villi intestinali regrediscono e la mucosa danneggiata dell’intestino tenue non è più in grado di metabolizzare sufficientemente le sostanze nutritive, con conseguente malnutrizione.

La celiachia è una infiammazione cronica dell'intestino tenue, scatenata dall'ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. Può colpire individui di tutte le età e riconosce una predisposizione genetica. Generalmente (forma classica) i sintomi si presentano allo svezzamento e comprendono diarrea cronica, dolore addominale, gonfiore addominale, ritardo della crescita nei bambini e astenia. In certi casi (forme atipiche) questi sintomi possono essere assenti e possono esservi sintomi extraintestinali, soprattutto neurologici e correlati al malassorbimento.

In questi casi la diagnosi è spesso fatta in età adulta.  Nei bambini la celiachia si sviluppa nei primi anni di vita, spesso già dopo lo svezzamento quando passano dal latte materno ai cibi contenenti glutine. Se non la si scopre in tempo, i bambini potrebbero soffrire di disturbi di crescita e sviluppo. I bambini che soffrono di celiachia hanno spesso una costituzione esile, sono facili al pianto e molto sensibili. La celiachia è una malattia a predisposizione genetica. In altre parole al momento della nascita un individuo porta già con sé i geni legati alla malattia celiaca. Si tratta tuttavia di una condizione necessaria ma non sufficiente, per cui l'essere portatori del gene anomalo non significa necessariamente ammalarsi ma soltanto avere una maggiore probabilità di farlo. D'altro canto l'assenza di questi geni preclude la possibilità di contrarre la celiachia.

Un'altra particolarità della malattia è quella di essere autoimmune. Secondo tale caratteristica il consumo di glutine causa in un individuo predisposto un'eccessiva risposta immunitaria che va a colpire le cellule dell'intestino tenue deputate all'assorbimento dei nutrienti. Questo tratto di intestino è ricco di sporgenze chiamate villi intestinali  che servono ad assorbire i nutrienti. Quando queste vengono attaccate, perdono la capacità di assorbimento e ciò priva gli organi come cervello e fegato di nutrienti essenziali per il corretto funzionamento

La celiachia viene clinicamente classificata in diverse tipologie a seconda della sintomatologia che assume.

Se non viene diagnosticata in tempo ed adeguatamente curata la celiachia può condurre a fenomeni molto gravi soprattutto in giovane età (celiachia tipica). La progressiva distruzione dei villi intestinali conduce infatti a malattie importanti e talvolta irreversibili come infertilità, aborti ripetuti, arresto della crescita, ipotiroidismo, alopecia, diabete e tumori intestinali. La celiachia può inoltre associarsi ad altre malattie autoimmuni come l'artrite remautoide.

Oltre che al termine dello svezzamento la malattia celiaca può insorgere o aggravarsi anche in età adulta a causa di stress fisici o psicologici importanti (maternità, traumi ed incidenti, infezioni intestinali, operazioni chirurgiche). L'intolleranza al glutine si può accompagnare ad ulteriori allergie o intolleranze alimentari come quella al lattosio. In quesi casi la lista degli alimenti consentiti viene impoverita ulteriormente creando non pochi disagi al paziente.


E' bene ricordare che la celiachia insorge soltanto, ma non necessariamente, negli individui geneticamente predisposti.

La somiglianza con altre malattie rende la patologia celiaca di difficile diagnosi. Soprattutto quando insorge in età adulta sono necessarie numerose visite specialistiche prima di accorgersi che l'origine dei disturbi è legata alla sua presenza. In altri casi può accadere che il paziente si autoconvinca della normalità dei sintomi omettendo di riportarli al medico curante. Per questo motivo si stima che almeno 300.000 Italiani convivano ogni giorno con la celiachia senza esserne a conoscenza.

Dato che in presenza di celiachia vi è un considerevole aumento della produzione di specifici anticorpi, un semplice esame del sangue può aiutare la diagnosi. In caso di positività solo la biopsia dell'epitelio intestinale potrà confermare l'effettiva presenza della patologia. Tale tecnica diagnostica si basa sul prelievo di un piccolo campione di tessuto tramite l'inserimento di un sottile e lungo tubo per via orale. Il modo più semplice di diagnosticare la celiachia rimane comunque quello di sospendere l'assunzione di alimenti contenenti glutine verificando se vi è o meno una regressione dei sintomi.


Gli esami utilizzati per la diagnosi comprendono essenzialmente l'anamnesi e l'osservazione obiettiva del paziente, la ricerca di specifici anticorpi ed autoanticorpi nel suo sangue, l'esecuzione del breath test al sorbitolo, l'esame delle feci, e, in ultima analisi, la biopsia duodenale.
Prima di sottoporsi a questi esami è importante che il paziente mantenga le proprie abitudini dietetiche, salvo diversa prescrizione medica. Se ad esempio il soggetto smette di assumere alimenti contenenti glutine potrebbe risultare falsamente negativo ai test utilizzati per la diagnosi di celiachia, quindi apparire sano nonostante la malattia.
In questa fase preliminare il medico cerca di evidenziare i sintomi, ovvero le sensazioni riferite dal paziente sulla propria condizione di salute, ed i segni clinici (sintomi obiettivi rilevati dallo stesso medico) tipici della celiachia. Questi sintomi sono essenzialmente di origine gastrointestinale ed includono dispepsia, diarrea o stipsi, malessere, flatulenza e distensione addominale; in uno stadio avanzato tali sintomi, tipici delle sindromi da malassorbimento, si affiancano a quelli da malnutrizione: bassa statura  nei bambini, ritardo puberale, perdita di peso, anemia da carenza di ferro e folati, deficit vitaminici, osteoporosi. Si ricorda tuttavia come lo spettro clinico di questa patologia sia estremamente vario ed eterogeneo, anche per quanto riguarda l'intensità dei sintomi, che possono presentarsi in maniera severa o estremamente sfumata. L'estrema variabilità del quadro clinico della celiachia, e la sua somiglianza a quello tipico di altre malattie (sindrome da contaminazione batterica del tenue, morbo di Crohn, sindrome del colon irritabile ed insufficienza pancreatica) impone che, di fronte al sospetto clinico, vengano eseguiti ulteriori esami di accertamento.

Tra i test di prima linea si ricorda il dosaggio ematico di particolari anticorpi ed autoanticorpi, come la transglutaminasi anti-tissutale (tTGA, le più usate a fini diagnostici), gli anticorpi anti-endomisio (EMA, diretti contro le componenti delle cellule intestinali dell'organismo) e gli anticorpi antigliadina (AGA, rivolti verso componenti del glutine e meno importanti dal punto di vista clinico per l'alto tasso di falsi positivi).

Se i livelli di questi anticorpi appaiono superiori alla norma, il paziente è probabilmente celiaco e per questo candidabile ad ulteriori esami di accertamento. Pazienti con elevati titoli anticorpali di transglutaminasi anti-tissutale ed anticorpi anti-endomisio hanno una probabilità di oltre il 95% di essere celiaci.


Una positività al breath test al sorbitolo indica quindi un problema di malassorbimento intestinale, comune tra i soggetti celiaci ma anche ad altre malattie, ad esempio in caso di insufficienza pancreatica, sindrome da contaminazione batterica del tenue, sindrome dell'intestino corto e morbo di Crohn.


L'esame delle feci viene scarsamente utilizzato per la diagnosi di celiachia, anche se può essere utile per individuare i pazienti da sottoporre ad ulteriori indagini (metodica di screening). In presenza di sindromi da malassorbimento è possibile riscontrare un'eccessiva quantità di grassi nel campione fecale (steatorrea) ed un pH acido delle feci. Similmente al breath test al sorbitolo, la positività al test si registra in presenza di ogni generica causa di malassorbimento intestinale.
La biopsia ad oggi viene usata per la diagnosi di celiachia, cioè è l'esame che lascia minor spazio ad errori metodologici e di interpretazione dei risultati. Si tratta di un esame invasivo, eseguito sui soggetti positivi ai precedenti test.

L'esame si effettua mediante esofagogastroduodenoscopia, durante la quale un lungo e sottile tubicino flessibile viene inserito attraverso la cavità orale e fatto scendere lungo l'esofago fino allo stomaco e al primo tratto dell'intestino. Tale strumento è dotato di una telecamera con fonte luminosa e attraverso il tubicino possono essere fatti scorrere micro-strumenti chirurgici per recedere piccoli campioni della mucosa intestinale, successivamente osservati in laboratorio.

Dal momento che la celiachia sovverte la normale architettura della mucosa intestinale, con appiattimento dei villi, l'esame citologico consente di confermare o di escludere con certezza pressoché assoluta la celiachia. L'esame perde valore diagnostico in presenza di allergie al latte o alle proteine della soia, malattie comunque rare e a comparsa perlopiù infantile che si accompagnano a reperti istologici sovrapponibili; analogo discorso in presenza di gastroenteriti virali che possono tuttavia essere riconosciute a priori per la comparsa improvvisa dei sintomi, per la loro gravità e per il loro andamento nel tempo.


Di fronte a una diagnosi di celiachia, il solo intervento terapeutico efficace consiste nell'esclusivo consumo di alimenti senza glutine. Per la maggior parte dei soggetti, questo approccio dietetico conduce alla completa scomparsa dei sintomi clinici e alla remissione delle lesioni intestinali. Purtroppo, l'allontanamento del glutine dalla dieta limita le scelte alimentari del celiaco, data la necessità di astenersi dal consumo di vari cereali, incluso il frumento, e relativi derivati (pane, pasta, biscotti, dolci ecc.).
Fortunatamente, l'aumentata sensibilità nei confronti della patologia e la sua importante diffusione (secondo alcune fonti interesserebbe oltre mezzo milione di italiani) hanno portato allo sviluppo di numerosi prodotti dietetici destinati a questa fascia di popolazione.

A fianco degli alimenti naturalmente privi di glutine, è oggi possibile acquistare vari surrogati di pane, pasta e prodotti da forno, realizzati con farine alternative naturalmente prive di glutine.


Secondo l'associazione italiana celiachia (AIC), un alimento, per poter essere definito "senza glutine", non deve contenere più di 20 mg di glutine per Kg (20 ppm - parti per milione).
Nonostante l'apparente assenza di glutine, potrebbe esservi stata una contaminazione durante il ciclo produttivo, cosa piuttosto comune negli stabilimenti che lavorano derivati del frumento o altre farine contenenti proteine tossiche per il celiaco.
Il simbolo della “spiga barrata” - costituito da un disegno di fantasia che ritrae una spiga di grano tagliata da un segmento - rappresenta una certificazione di idoneità all'alimentazione del celiaco sviluppata dall'AIC (Associazione Italiana Celiachia).
La spiga barrata è un metodo facile e sicuro per evidenziare l'assenza di glutine nei prodotti offerti dal mercato, dato che è il frutto della sottoscrizione di un contratto tra AIC e azienda produttrice, con conseguente verifica dell'idoneità dei prodotti da parte dell'associazione italiana celiachia.

Tutti i prodotti a “Marchio Spiga Barrata” vengono automaticamente inseriti nel “Prontuario AIC degli Alimenti”, una pubblicazione edita con frequenza annuale che raccoglie, a seguito di valutazione, anche quei prodotti che - seppur non ideati specificamente per una dieta particolare - risultano comunque idonei al consumo da parte del soggetto celiaco


10 regole fondamentali per la dieta senza glutine

1.Leggere attentamente le etichette alimentari all'acquisto. Consultare l'elenco degli ingredienti e cercare la “spiga barrata”. Se un cereale contenente glutine è stato usato come ingrediente (non importa in che misura), sarà menzionato nella lista degli ingredienti;

2.Utilizzare sostituti senza glutine al posto di alimenti contenenti glutine. Pasta, pane e cracker tradizionali contengono glutine, pertanto, senza dover sopportare alcuna rinuncia, è possibile scegliere le alternative senza glutine che si trovano nella maggior parte dei supermercati e nei negozi di prodotti sanitari. I celiaci ufficialmente diagnosticati possono godere di una prescrizione medica.

3. Ricorda che la maggior parte degli alimenti che compongono la dieta è naturalmente priva di glutine. Frutta e verdura fresche, carne, pollame, pesce, formaggio e uova sono naturalmente privi di glutine. Utilizzate questi cibi come ingredienti fondamentali dei pasti, evitando i prodotti già “elaborati”, in modo da poter scegliere autonomamente il tipo di cereale/farina/derivato da impiegare nella ricetta.

4. Utilizzare i cereali e le farine senza glutine. Seguire una dieta priva di alimenti con glutine non significa escludere tutti i semi, le farine e i cereali. Quinoa,mais e polenta, grano saraceno, riso , miglio e tapioca sono solo alcuni dei grani naturalmente privi di glutine che possono essere inclusi nella dieta. Basta controllare le etichette per assicurarsi che i prodotti non siano contaminati. Scambiate il pangrattato tradizionale con le briciole di polenta, optate per il grano saraceno come ingrediente per la pasta e provate i nuovissimi pseudocereali (amaranto, quinoa ecc).

5. Conoscere gli alcolici privi e contenenti glutine. Sono senza glutine: sidro, vino, sherry, liquori e porto. Le birre senza glutine sono ormai diffuse in vari supermercati e ristoranti, ma assicuratevi di bere solo quelle con la “spiga barrata”.

6.Non rinunciare alla convivialità. Seguire una dieta senza glutine non significa rinunciare a mangiare fuori; è sufficiente prestare molta attenzione.

7.Prestare attenzione alla contaminazione crociata. Poco glutine è sufficiente a causare sintomi per il celiaco; pertanto, assicurati di minimizzare il rischio di contaminazione crociata lavando le superfici della cucina prima dell'uso, utilizzando recipienti e strumenti separati, limitando lo spargimento di briciole e farina con glutine, e considerando i cibi per celiaci mono-dose.

8.Evitare gli alimenti contenenti glutine occulto. Un sacco di prodotti, soprattutto le salse, contengono farina di frumento come addensante (quindi glutine); leggi l'etichetta ed escludi qualsiasi prodotto “sospetto”.

9.Sperimentare nuove ricette. Trova il giusto sostituto senza glutine (più gradito) per i soliti ingredienti contenenti glutine, in modo da poterli rimpiazzare sistematicamente e velocemente.

10. Ricorda che i pasti senza glutine possono essere altrettanto sani e gradevoli.

Autore: dott. Stefano Hallgass 27 lug, 2020

Carissimi amici della farmacia HALLGASS con questo articolo di lunedì 27 luglio, chiudiamo gli appuntamenti con il nostro blog e ripartiremo a settembre con nuovi temi dedicati alla salute ed al benessere.

Oggi vogliamo dedicare l’articolo a tutte le future mamme…leggiamo insieme...

Quando si è in dolce attesa affrontare l’estate crea qualche piccola ansia e per le neo mamme anche mille interrogativi!

Si può certamente prendere il sole con il pancione, ma è sempre bene seguire qualche precauzione. Il periodo in cui bisogna fare maggiore attenzione nell’esporsi al sole è il primo trimestre: eccessivo affaticamento e disidratazione potrebbero compromettere lo sviluppo del feto.

Nel secondo trimestre è importante evitare l’insorgere di macchie sulla pelle e di rendere permanente quella linea scura che si va delineando sull’addome.

Nel terzo trimestre invece ci si può concedere a un po’ di sole.

Per evitare la comparsa di macchie solari ( cloasmi ) è bene utilizzare molte creme ad alta protezione ed evitare l’esposizione nelle ore più calde. Preferire zone d’ombra pur rimanendo vicini al mare e bagnarsi spesso le gambe con piccole passeggiate evita fastidiosi problemi legati alla circolazione (anche le variazioni ormonali intervengono sui vasi sanguigni).

Piccoli consigli?

Mantenere sempre idratato il corpo bevendo molta acqua, fare attenzione all’alimentazione (preferire frutta e verdura con buccia ben lavata o eliminata) ma soprattutto evitare il sole diretto sul pancione, che potrebbe stressare il feto.

Come già detto è fondamentale la protezione solare e La crema scelta deve avere un ampio spettro di protezione elevato sia per i raggi UVA che per i raggi UVB. Il grado di protezione in genere si basa sul fototipo. Generalmente viene sempre raccomandato di non scendere mai sotto i 15 spf anche se, chi ha una carnagione chiara  e sta esposto al sole per molto tempo, dovrebbe adottare protezioni più elevate.

Per la quotidianità non fatevi mancare una crema  crema idratante con un fattore protezione per proteggere la pelle del vostro viso  soprattutto se siete a rischio di sviluppare il cloasma gravidico.


Le creme solari vanno applicate  circa 20 minuti prima dell’esposizione al sole e per  essere efficaci devono essere spalmate regolarmente e generosamente.

 

La gravidanza ha bisogno di prudenza nell’esposizione al sole ma sarà un ricordo straordinario in attesa di vivere una nuova meravigliosa vita!

Buon mare a tutte le NEO MAMME dallo staff della FARMACIA HALLGASS!

Autore: dott.Stefano Hallgass 20 lug, 2020

La Vitamina F o Omega 3 è un elemento fo­ndamentale per il be­nessere del nostro organismo e soprattut­to per la nostra pel­le: una sostanza in grado di ridurre la pressione arteriosa, controllare il live­llo di trigliceridi e colesterolo ma che ha anche il potere di rendere luminosa la pelle e rinforzare unghie e capelli.​
La Vitamina F, conos­ciuta anche come Ome­ga 3, nasce dall'uni­one di​ due​ acidi grassi essenziali,​ l’acido linoleico​ e l’acido alfa-linolei­co, ai quali si aggi­unge l’acido arachid­onico.

Questa vitamina, ess­enziale e fondamenta­le​ per il nostro organismo, non viene prodotta dal nostro copo: si tratta infa­tti di una vitamina liposolubile che si accumula e che viene rilasciata quando è necessario. Si può introdurre nell'orga­nismo attraverso par­ticolari alimenti op­pure tramite l'utili­zzo di integratori. Inoltre, grazie alle sue funzionalità ant­infiammatorie previe­ne​ effetti infiamma­tori su tendini, art­icolazioni e muscoli, ottimo per uno spo­rtivo.

Possiamo trovare la vitamina F, oltre che in particolari al­imenti, anche all'in­terno di prodotti be­auty utilizzati non solo per la cura del­la pelle, ma anche per avere capelli più corposi e luminosi e in alcune maschere viso.

Come possiamo assume­re VITAMINA F?
La possiamo trovare principalmente negli oli vegetali, come ad esempio l'olio di girasole, quello di mais, l'olio di ara­chidi e di soia, opp­ure nella frutta ole­osa come mandorle e noci e nella frutta secca come pistacchi e arachidi. Anche alcuni pesci sono ric­chi di Vitamina F: è il caso per esempio di​ acciughe, sgomb­ro, aringhe, salmone, trota e persino cr­ostacei, bisognerebbe approfittarne in questo periodo estivo. Ma anche altri ali­menti ci possono dare la giusta dose di Vitamina F, tra ques­ti:​ ​ tofu, zaffera­no, caviale, alghe, avena e nei​ vegetali a foglie verdi, co­me ad esempio gli sp­inaci. È fondamentale ricordare che la Vitamina F è sensibile al calore e potreb­be quindi perdere le sue proprietà benef­iche: gli alimenti che la contengono qui­ndi devono essere te­nuti in frigorifero ed essere sottoposti a brevi cotture per non alterare le fun­zionalità della Vita­mina F.
Per star bene dunque e far bene anche alla nostra pelle ric­ordiamoci la VITAMINA F e quando possiamo non esitiamo!

Per qualche suggerim­ento in più ti aspet­tiamo in farmacia e potrai scoprire anche i tanti prodotti beauty che hanno VITA­MINA F!

#invacanza #insalute​ con #hallgass​

Autore: dott.Stefano Hallgass 13 lug, 2020

Per avere i giusti benefici dopo un allenamento è importante curare la nostra alimentazione soprattutto dopo la fine degli esercizi.

Per iniziare ricordatevi dell’IDRATAZIONE. Difficilmente in allenamento si assume un’adeguata quantità di liquidi. Questo genera stati di disidratazione più o meno gravi che possono compromettere anche la prestazione. Il recupero dell’equilibrio idrico dell’organismo ha quindi la precedenza anche sul reintegro del glicogeno consumato. Se impegniamo il nostro fisico ad una attività medio-elevata possiamo  perdere anche più di un litro di liquidi ogni ora tra sudore (88%), urina (4%) e respirazione (8%). Se non assunti durante lo sforzo, devono essere reintegrati subito dopo.

Un argomento importantissimo è anche il corretto “timing” nel consumo dei carboidrati post allenamento. Bisogna tener presente sia la quantità di carboidrati da consumare che la velocità di assorbimento degli stessi. La stessa quantità di carboidrati consumata immediatamente dopo l’allenamento garantisce una sintesi di glicogeno doppia rispetto allo stesso pasto consumato due ore dopo. 

Un altro fattore molto importante è il frazionamento del pasto. Meglio ingerire ad esempio 400 kcal in 4 pasti da 100 kcal ciascuno ogni 15 minuti che non farne solo uno.

Non trascuriamo anche le scorte di glicogeno presenti nei muscoli ed approfondiamo insieme per capire meglio di cosa parliamo. Il reintegro delle scorte è fondamentale per completare i processi di recupero, soprattutto per chi sia allena più volte al girono. Dopo le gare o gli allenamenti più intensi si dovrebbero ingerire almeno 7g di carboidrati per ogni chilo di peso corporeo se si desidera ripristinare le scorte utilizzate ed essere pronti per il training del giorno successivo. Non basta riposarsi dopo uno sforzo intenso: è necessario ripristinare il glicogeno nei muscoli.

A tal proposito ci chiediamo anche se l’assunzione di proteine e aminoacidi ha un ruolo importante  nella sintesi del glicogeno muscolare. In realtà se la quantità di carboidrati ingerita è sufficiente non servono altre sostanze per stimolarne l’assorbimento. Se invece la quantità di carboidrati consumata nel  post allenamento non è elevata l’integrazione può essere di aiuto. L’assunzione di proteine e aminoacidi nei minuti post training è comunque utile perché favorisce la ricostruzione dei tessuti muscolari “danneggiati” dall’intensa attività sportiva. Questo permetterà nel tempo di sostenere uno sviluppo muscolare adeguato.

Insomma ci vuole anche il giusto allenamento ad una corretta alimentazione post attività sportiva!

#hallgass #blog e sport


Autore: dott. Stefano Hallgass 06 lug, 2020

I bambini, come sappiamo,hanno la pelle molto sensibile e la funzionalità dei melanociti (le cellule che producono la melanina) è ridotta per molti mesi dopo la nascita, raggiungendo la piena stabilità solo nella pubertà.

Per questo dobbiamo fare molta attenzione ad esporre i bimbi al sole.

Qualche grande istituzione addirittura, coma la Skin Cancer Fondation americana, si spinge oltre consigliando di evitare il sole diretto fino a un anno di età e di coprire con cappellino e indumenti a trama fitta i bambini con fototipi più bassi.

Sono regole per prevenire le scottature (con l’aumento del rischio di sviluppare tumori della pelle in età adulta) e altre irritazioni cutanee, che si possono ricordare ai genitori che chiedono consigli su come proteggere la delicata pelle del proprio bambino e su quale solare acquistare per schermarla adeguatamente e in tutta sicurezza.

Il dermo-solare indicato per i più piccoli deve avere le seguenti caratteristiche:

• privo di alcol e profumi

• fattore molto alto (SPF 50+) per la prima-seconda settimana di esposizione, mentre nei giorni successivi sarà alto (30-40) o medio (20-30) o basso (10-20) a seconda del fototipo del bambino.

Per i bambini con la pelle atopica (infiammazione e macchie riosse) vanno consigliati i solari dedicati: sono formule di composizione molto semplice (per evitare sensibilizzazioni) e non sono troppo coprenti,  per prevenire la sudamina o miliaria (infiammazione cutanea provocata dall’ostruzione delle ghiandole sudoripare e dal successivo trattenimento del sudore),  che potrebbe aggravare il prurito.

Nelle zone più delicate, come occhi, labbra e naso, potete ricorrere agli stick; mentre sono anche molto apprezzate le linee  resistenti alla sabbia, che però hanno lo svantaggio di avere una consistenza molto densa, che rende più difficile una distribuzione uniforme su tutta la superficie da proteggere, col rischio di lasciar zone suscettibili alle scottature.

Come avere una protezione davvero efficace ? Quali le dosi consigliate?

Con un sole molto caldo si consiglia di applicare il prodotto anche ogni due ore, ma regolatevi con l'attività del bambino e ricordatevi che la spiaggia ed il mare è una bella avventura anche per lui.

Importante è pure l'uso del doposole, essenziale anche per la delicata pelle dei bambini. In crema o spray, i baby aftersun sono lenitivi, rinfrescanti e contengono sostanze antiossidanti, come la vitamina E, studiati per dar sollievo alla pelle e per contrastare la produzione di radicali liberi. Non devono contenere allergeni noti e profumi.

Buona spiaggia con i vostri piccoli, ma con la giusta prevenzione!

#hallgass per i bimbi #estate #mare #protezionesolare

Autore: Stefano Hallgass 29 giu, 2020

Appena arriva l’estate non vediamo l’ora di affondare i nostri denti in una dolcissima fetta d’anguria, anche se dopo i primi morsi iniziamo a pensare se gonfierà la pancia,se farà ingrassare, o se troppo ricca di zucchero.

L’anguria non fa assolutamente ingrassare, è infatti un frutto ipocalorico, con le sue 30 Kcal ogni 100 grammi ed è costituita per più del 90% da acqua, per cui è un frutto altamente idratante.

L’Anguria è ricca di sali minerali, fra cui magnesio, potassio e fosforo, ma anche calcio e rame. Il magnesio contribuisce a farci recuperare vitalità dopo uno sforzo fisico, il potassio è importante, fra le altre cose, per il mantenimento dell’equilibrio idro-salino, il fosforo invece, insieme al calcio, è fondamentale per la salute delle ossa.

Il frutto contiene anche molte vitamine, in particolare vitamina A, C e del gruppo B come anche il licopene, una molecola ad azione antiossidante e protettiva.

 

I benefici che il consumo di anguria apporta sono dunque molteplici e straordinari. In particolare aiuta moltissimo a contrastare la ritenzione idrica perchè ricca di sali minerali, fra cui il potassio che contribuisce alla regolazione dell’equilibrio idro-salino del nostro corpo e contrasta anche l’insorgenza della cellulite, che è correlata proprio alla ritenzione di liquidi e pertanto contribuisce ad avere un corpo più snello ed asciutto.

 Quanta anguria mangiare dunque al giorno per stare in forma?

Il nostro consiglio è di non mangiarla a fine pasto dal momento che l’acqua in essa contenuta può andare a diluire i succhi gastrici rendendo più lenta e difficoltosa la digestione, mangiare una fetta di cocomero a colazione è l’ideale per chi voglia iniziare la giornata con una sferzata di energia e di freschezza, possibilmente accompagnata da cibi proteici oppure a basso indice glicemico, come una bruschetta di pane integrale con olio e pomodoro.

Il cocomero si presta bene anche come piccolo spuntino alla sera, poiché, favorendo il rilascio di serotonina, concilia il riposo notturno.

In generale, dato l’esiguo contenuto calorico, si potrebbe mangiare l’anguria anche tutti i giorni nelle giornate estive, ma attenzione alle quantità, proprio per via del contenuto di zuccheri. Una porzione da 200 grammi potrebbe essere quella giusta per un saziante e appagante spuntino.

Unico difetto è l’elevato indice glicemico pertanto è sconsigliato alle persone diabetiche.

Evitare abusi anche a chi soffre di problemi digestivi.

Per finire ricordate anche l’effetto lassativo, che si farà decisamente sentire se mangeremo grosse quantità di anguria!

Ma l'anguria fa assolutamente bene e potete davvero mangiarla con gusto nelle calde giornate di questa prossima stagione!

Buona estate dalla farmacia #hallgass


Autore: dott. Stefano Hallgass 22 giu, 2020

Molto spesso si beve quando si ha sete, ma in realtà meglio consumare acqua in qualsiasi ora del giorno e scopriamo insieme perchè: il sintomo della sete è il segnale che il nostro organismo è in lieve disidratazione ed il rischio si corre soprattutto in estate quando la perdita dei liquidi si accentua. Vediamo insieme quali sono i sintomi del bisogno di acqua che molto spesso sottovalutiamo perché insospettabili o trascurati.

1.Si dorme male

Da recenti studi si è visto come persone con densità e presenza di sali nelle urine (quindi scarsa idratazione) dormissero male. Quando l’organismo non è ben idratato produce una quantità maggiore di vasopressina, un ormone che ha la funzione di trattenere i liquidi cosa che influisce sui ritmi cardiaci provocando molti risvegli durante la notte.

2.Labbra screpolate

Se la pelle appare secca ed abbiamo labbra screpolate, con l’arrivo del sole estivo e qualche tintarella di troppo, si pensa sia colpa dei raggi caldi della bella stagione, ma in realtà serve idratare la pelle anche da dentro introducendo una giusta quantità di liquidi. Le nostre cellule cutanee sono costituite di acqua e se questa viene a mancare appassiscono proprio come una piantina. Quindi bere parecchio è importante anche per la nostra pelle.

3.Cali di memoria

La perdita di acqua da parte del nostro corpo causa difficoltà di concentrazione e spesso anche la cefalea è legata alla disidratazione (a causa dei neuroni che sono più eccitabili nei confronti degli stimoli esterni). La nostra idratazione, quindi bere regolarmente acqua, aiuta l’attività cerebrale. In primis se i neuroni hanno la giusta quantità di acqua viaggiano più rapidamente verso le sinapsi.

4.Crampi

I crampi sono spesso frequenti a causa della mancanza di acqua nel nostro organismo perché il tessuto muscolare ne è ricco. Se manca l’acqua ai muscoli vi è accumulo di acido lattico soprattutto dopo qualsiasi tipo di attività fisica. In questo caso, oltre a fare una buona scorta di acqua, vi consigliamo una buona scorta di cibi ricchi di sodio e potassio (melone, ananas, banane, pomodori, sedano, ecc….).

5. Alito

E per finire, state attenti anche al vostro alito che, se lo sentite spesso pesante o sgradevole, non è un problema del dentista, ma qualcosa non và. L’alito diventa sgradevole perché la poca saliva non riesce a neutralizzare i batteri che si formano nella bocca dopo i nostri pasti. I batteri attaccano i residui di cibo rimasti nella bocca e causano il cattivo odore. Bere significa anche aiutare la nostra salivazione.

Insomma l’acqua è la nostra prima energia e non deve mai mancare, pertanto non aspettate di aver sete durante la giornata, ma bevete qualche goccetto ogni tanto.

Autore: dott. Stefano Hallgass 15 giu, 2020

Arriva l’estate ed iniziano le manie per le diete: quale fare?

Seguire quelle che consigliano un solo alimento?

Vediamo insieme cosa succede…

Una delle regole fondamentali per avere un’alimentazione sana ed equilibrata è quella di variare la propria dieta e questo principio ci spinge a guardare negativamente le diete che prevedono il consumo di un solo tipo di alimento. Fanno parte di questa categoria anche  tutte le diete basate sul consumo giornaliero di un solo tipo di frutta: dieta dell’anguria, dieta dell’ananas, ai frutti di bosco,  e così via.

La frutta è ricca di carboidrati semplici e consumando solo frutta si rischia di privare l’organismo di altri macronutrienti quali carboidrati complessi, proteine e grassi. Da non dimenticare inoltre che il consumo eccessivo di frutta rischia di far lievitare il glucosio presente nel sangue reazione che può provocare un crollo glicemico e dopo poco tempo stimola ancora di più il senso di fame.

Il consumo di sola frutta farebbe quindi impennare l’assunzione giornaliera di zuccheri semplici mentre, secondo i valori LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti) elaborati dalla SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana) l’apporto giornaliero complessivo di zuccheri semplici dovrebbe essere inferiore al 15% delle calorie totali, mentre l’OMS indica un valore inferiore al 10%.

Ricordate anche che lo zucchero presente nella frutta è il fruttosio, il cui eccesso può causare tutti i problemi associati alla sindrome metabolica. Un eccessivo introito di fruttosio può inoltre mettere in pericolo anche il fegato, oltre la linea fisica: questo zucchero stimola infatti la produzione di trigliceridi, favorendo l’aumento di peso e lo sviluppo della steatosi epatica, ovvero la formazione di accumuli di grasso nel fegato.

Ma attenzione non dobbiamo esagerare e non stiamo dicendo che la frutta fa male…ma una dieta a base solo di frutta (come tutte le altre diete mono cibo) possono dare scompensi e non coprire tutte le necessità che richiede il nostro organismo.

Pertanto ricordate comunque che la frutta, se mangiata nelle giuste porzioni, fa bene al nostro organismo perché contiene vitamine, fibra, antiossidanti e sali minerali, è quindi fondamentale e va inclusa nella nostra alimentazione quotidiana. Non è invece concepibile una dieta a base di sola frutta, poiché sarebbe deleteria per la salute e non porterebbe ad alcun risultato.

Quindi sì alla frutta ma no ad una dieta solo di frutta.

Buon inizio estate dalla Farmacia Hallgass

Autore: Stefano Hallgass 08 giu, 2020

Inizia il primo sole e se quest’estate volete ottenere una tintarella perfetta basterà seguire alcuni importanti consigli: scegliere le giuste creme ed i giusti solari ma un ruolo fondamentale è quello legato all’alimentazione.

Prima regola fondamentale è l’idratazione:

E’ importante bere almeno due litri di acqua fresca ogni giorno. Oltre ai benefici apportati all’intero organismo, bere molta acqua aiuta anche la pelle a rimanere più elastica.

Per iniziare a preparare la nostra pelle all’abbronzatura si consiglia di utilizzare uno scrub sotto la doccia almeno una settimana prima di esporsi al sole. In questo modo eliminiamo le cellule morte ed in superficie avremo una pelle molto più tonica. Dopo lo scrub utilizzate poi una crema idratante.

Ogni giorno dopo l’esposizione e dopo una doccia fresca, si consiglia una lozione doposole, perfetta per re-idratare la pelle dalla secchezza causata dal caldo e dal sole e per mantenere a lungo la tintarella che tanto desideriamo avere.

Come accennato all’inizio del nostro post è importante mantenere la nostra abbronzatura grazie anche ad una sana alimentazione. IN particolare si suggerisce il consumo di cibi ricchi di melanina (ossia cibi ricchi di vitamina A e vitamina C).

L’alimentazione, poi, è uno dei principali fattori responsabili di una pelle sana: per un’abbronzatura doc, poi, si consigliano alimenti ricchi di melanina (dopo vedremo quali sono nel dettaglio), ossia cibi che contengono la vitamina A e la vitamina C.

Come riconoscere facilmente i cibi che hanno queste due vitamine?

Nel caso della vitamina A basta guardarne il colore: spesso gli alimenti che la contengono hanno il tipico colorito arancione, che indica anche la presenza di betacarotene. Alcuni esempi:  carote, albicocche, melone, arance, mango, ma anche pomodori, parmigiano e uova.

Per la vitamina C invece, il colore è misto ma eccovi da parte nostra un’altra lista da seguire : peperoni, cavolfiore, fragole,  limoni e  kiwi; tutti questi alimenti sono ottimi per il mantenimento della tintarella, ma anche per la prevenzione dell’invecchiamento cutaneo, grazie all’importante potere antiossidante.

Inoltre in estate si possono utilizzare centrifugati di frutta e verdure, ad esempio: un mix di carota, mela e fragola è perfetto per aiutare la pelle a mantenere l’abbronzatura oltre che ad essere davvero buonissimo e dissetante!

E se vi piacciono le ciliegie anche loro possono essere un valido alleato: con questo frutto si possono preparare moltissimi dolci (se siete golose) , ma potete mangiarle da sole perché sono ricche di moltissime proprietà nutritive e perfette anche per la dieta dell’abbronzatura.

Passate in farmacia e vi diamo buoni consigli per un’abbronzatura perfetta!

#sole #mare #abbronzatura #tintarella #perfetta #consigli #sana #alimentazione #farmacie #hallgass

Autore: dott. Stefano Hallgass 01 giu, 2020

L’estate è ormai alle porte ed è proprio ora il momento più indicato per iniziare a seguire un regime alimentare sano ed equilibrato grazie alla varietà di frutta e verdura che in questa stagione la natura ci offre. Le tavole si arricchiscono di prodotti dai colori caldi e gustosi ed oltre al palato, anche gli occhi ne vengono appagati.

Un alimento di cui sicuramente non bisogna fare a meno in questo periodo è la carota, un ortaggio molto amico della pelle e non solo.

La carota è molto ricca di beta carotene, un pigmento che prende il nome proprio dalla verdura da cui è stato isolato per la prima volta. Tra le numerose proprietà riconosciute al beta carotene vanno sicuramente menzionati l’elevato potere antiossidante e la sua capacità di contrastare la produzione di radicali liberi: è un precursore della vitamina A, un antitumorale indispensabile per il benessere degli occhi, del cuore, della crescita cellulare e della cute.

Oltre al beta-carotene, la presenza di altri nutrimenti come l’alfa-carotene, la luteina e la zeaxantina, nonché di numerose vitamine e sali minerali quali il potassio, il fosforo, il calcio, il magnesio, il selenio, il ferro, lo zinco, il rame, la vitamina B, la vitamina C, la vitamina E, l’acqua e le fibre, conferiscono alle carote numerosi benefici.

Innanzitutto si pensi all’importante ruolo svolto a livello gastrico ed intestinale: da un lato protegge le pareti dello stomaco e le mucose riducendo i disturbi gastrici ed intestinali e dall’altro regolarizza la motilità interna agendo sia come antidiarroico che come lassativo. Il buon funzionamento di questi organi fanno si che anche l’attività depurativa del fegato ne tragga benefici; inoltre, date le proprietà diuretiche e lassative il consumo di carote è particolarmente indicato in caso di calcoli, cistiti o problemi urinari. Il beta-carotene in sinergia con la vitamina C ne fa di questo ortaggio un alimento dall’alto potere antiossidante, in grado di rafforzare il sistema immunitario e di prevenire la formazione di radicali liberi; grazie invece alla presenza di fibre sono un valido aiuto per abbassare i livelli di colesterolo nel sangue. La vitamina A ed il beta- carotene sono inoltre noti per le proprietà benefiche agli occhi: agiscono a livello preventivo contrastando la formazione della cataratta e migliorano la vista notturna.

Infine ma non per importanza le carote sono molto utili per il rinnovamento della pelle. Il beta carotene stimola la produzione di melanina prevenendo secchezza cutanea e rughe e soprattutto proteggendo l'epidermide dai danni nocivi dei raggi ultravioletti che nella stagione estiva sono ancora più forti. Deve essere sfatata l'idea che mangiare carote faccia abbronzare, di contro è assolutamente vero che consumare carote almeno un mese prima dell'esposizione al sole, prepara i tessuti in modo da garantire una tintarella sana a duratura.  

Concludiamo con qualche suggerimento su come consumare carote.

Poiché il beta carotene e i nutrimenti in esse contenute si perdono con lunghe cotture, l’ideale sarebbe bere dei centrifugati di carota e mela al mattino per un effetto disintossicante e rigenerante, altrimenti utilizzarle come spezzafame mangiandole crude o preferire cotture brevi e semplici.

Infine è possibile fare un impacco di purea di carote cotte al vapore per ripristinare l’epidermide da dermatiti,  rossori o sfoghi cutanei dovuti anche ad eccessiva esposizione al sole.



Autore: dott. Stefano Hallgass 25 mag, 2020

Carissimi amici della farmacia Hallgass, ci stiamo quasi abituando a convivere con un nuovo accessorio, oramai di uso quotidiano, che sono le mascherine, e dobbiamo ancora resistere perché il periodo sarà ancora  molto lungo.

 

Come avete visto utilizzare le mascherine può portare a irritazioni e arrossamenti della pelle, soprattutto con l’estate alle porte.

Purtroppo, le mascherine non fanno respirare la pelle e non permettono il ricambio di aria facendo anche aumentare la sudorazione.

Se utilizzate poi, per lungo tempo, possono portare ad irritazioni della pelle.

Mentre ci riappropriamo di un po’ di normalità dobbiamo avere sempre con noi le mascherine, per proteggere noi stessi e gli altri, e dobbiamo anche imparare a prenderci cura della nostra pelle.

Come proteggerci?

Riportiamo qui di seguito alcune regole da seguire per evitare le irritazioni:

1 - Lavare spesso il viso, prima e dopo l’utilizzo della mascherina

2 - Usare una crema idratante almeno 2 – 3 volte al giorno.

3 - Controllate dove avete la pelle irritata, ad esempio zona naso, orecchie, guance, mento e poi guardate la mascherina che utilizzate, cosa c’è in corrispondenza della vostra irritazione.

4 - Cambiare mascherina, se si manifestano irritazioni,  e puntare alle chirurgiche che sono più leggere oppure a quelle fatte di cotone o con tessuti naturali.

 

Alcune zone del vsio sono poste sotto maggiore stress anche a causa di cerotti ed elastici utilizzati per mantenere le mascherine.


La zona dietro alle orecchie per esempio è una di queste soprattutto per chi porta occhiali: l’asta dell’occhiale e l’elastico della mascherina potrebbero contribuire a stressare il delicato strato di pelle. Per loro può essere utile applicare un cerotto traspirante sul padiglione auricolare o in alternativa sull'astina dell'occhiale in modo da offrire una protezione aggiuntiva.
Un altro modo per evitare lo sfregamento degli elastici dietro le orecchie, è creare una fascia elastica con velcro, che avvolga gli elastici, da fissare sulla nuca o utilizzare una graffetta grande, allo stesso modo del velcro”.
 

In ultimo è importante concentrarsi di più nel post utilizzo della mascherina, privilegiando prodotti per la detersione e l’idratazione delicati e adatti alle pelli più sensibili (a base di estratti di Calendula o di Camomilla.

In caso di persistenza o notevole arrossamento delle zone irritate non esitate a contattare un dermatologo.


Show More
Share by: